
Il presente progetto è finanziato con il sostegno della Commissione europea.
L’autore è il solo responsabile di questa pubblicazione (comunicazione) e la Commissione
declina ogni responsabilità sull’uso che potrà essere fatto delle informazioni in essa contenute.
Sommario
Ma di cosa stiamo parlando esattamente? Alcune definizioni…
Come si può creare un contesto sicuro e rispettoso?
Il Barometro delle relazioni paritari
Fase 1: Padroneggiare l’arte della facilitazione
Fase 2: Riconoscere le relazioni di potere inique
Fase 3: Stimolare l’intenzione di agire con il workshop «In Your Face»
Autrici:
Virginie Poujol, Špelca Budal
(LERIS : Laboratoire d’Études et de Recherche sur l’Intervention Sociale (FR), www.leris.org)
Elsa Joaquina Gaspar Anjos Maria, Ana Sofia Luís da Cruz Pereira, Carmen Sofia Emério da Silva Leone dos Santos
(SCML : Santa Casa da Misericórdia de Lisboa (PT), www.scml.pt)
Laura Minieri, Arianna Brunello
(EVT : Consorzio di cooperative sociali (IT), www.evtnetwork.it)
Stéphanie Grenier, Dorothée Picot
(CDC : Le Comptoir des Colibris (FR), www.lecomptoirdescolibris.fr)
Sandrine De Ridder
(Mode d’emploi asbl (BE), www.modedemploiasbl.be)

Questa guida metodologica è stata sviluppata nell’ambito di un progetto europeo Erasmus+ intitolato:

Per due anni abbiamo collaborato con strutture di inserimento di quattro paesi (Francia, Italia, Belgio, Portogallo) per sviluppare una metodologia che consentisse di migliorare l’accompagnamento delle persone in fase di inserimento.
Il nostro progetto mira a trasformare in profondità il modo in cui viene concepito e praticato l’accompagnamento sociale. Siamo convinti che sia essenziale passare da una logica di dominio a una logica di partnership con le persone assistite per rispondere alle attuali sfide del settore sociale. La sfida è quindi quella di garantire che l’assistenza sostenga l’occupabilità, ma soprattutto che consenta alle persone assistite di costruirsi un proprio posto nella società (posti che spesso non esistono ancora).
Il metodo mira a:
Trasformare le pratiche orientandosi verso un rapporto di cooperazione con le persone assistite,
riconoscendo la loro cittadinanza per liberare il loro potenziale.
Sviluppare le competenze dei professionisti dell’inserimento e del sociale, dei volontari e degli studenti di lavoro sociale.
Facilitare l’attuazione di nuove forme di accompagnamento adeguate ai cambiamenti sociali.
Sviluppare il potere di agire delle persone accompagnate coinvolgendole attivamente nell’analisi
e nel miglioramento dei processi di accompagnamento.
Migliorare la salute mentale attraverso l’attuazione di pratiche innovative che consentano
di ridurre lo stress e i rischi psicosociali.
Essere più rigorosi: un approccio strutturato, basato su tecniche collaudate, garantisce l’attuazione coerente di queste trasformazioni.
Questo lavoro si basa su diverse iniziative intraprese da Léris e dai suoi partner in materia di sostegno socio-professionale alle persone in condizioni di vulnerabilità sociale, nonché sulla ricerca sui processi di emancipazione affrontati da una prospettiva sia critica che pragmatica.
Le persone impegnate in percorsi di integrazione sono spesso percepite principalmente attraverso la lente delle loro carenze (in termini di competenze, conoscenze, legittimità, capacità di comprensione, ecc. Tuttavia, la vera sfida del sostegno consiste nel creare spazi in cui possano esplorare e sviluppare capacità che saranno utili nella loro vita quotidiana e contribuiranno alla loro emancipazione: comprendere le decisioni prese sul posto di lavoro, perché determinate colture o piatti vengono scelti in particolari momenti, quali sono le questioni di produzione sottostanti e così via.
Nelle pratiche di sostegno che abbiamo osservato, emergono spesso relazioni asimmetriche, che assegnano alle persone posizioni in cui non possono esercitare pienamente le loro capacità. Queste asimmetrie si manifestano in diversi spazi (sale pausa, aree comuni, a seconda di chi ha accesso e quando, ecc.) e in una serie di relazioni (con i datori di lavoro, i servizi sociali, i colleghi, ecc.).
Abbiamo quindi scelto di concentrarci in modo specifico sui professionisti nel campo dell’integrazione (consulenti del lavoro, supervisori tecnici, assistenti sociali, ecc.), che spesso, anche se inconsciamente e involontariamente, riproducono tali asimmetrie. Per molti, questa rappresenta una prima introduzione a tali questioni. Per coloro che hanno già riflettuto su questi temi, il presente lavoro può fungere da risorsa complementare. Affinché i professionisti possano impegnarsi in una forma di sostegno più emancipatoria, è necessario innanzitutto confrontarsi con i propri modelli interiorizzati di oppressione e liberarsene. Attraverso la metodologia qui proposta, li invitiamo a intraprendere una serie di fasi successive di un percorso verso la liberazione:
Pre-coscienza
↓
Coscienza critica
↓
Intenzione
↓
Preparazione
↓
Azione
↓
Liberazione e consolidamento
Questa metodologia si basa quindi su ciò che Paulo Freire definisce una prassi etica, che privilegia gli obiettivi della trasformazione sociale rispetto a una forma di azione meramente tecnica:
L’obiettivo è quello di sviluppare una consapevolezza di determinate dinamiche di dominio e oppressione, intese come relazioni sociali asimmetriche tra individui, in particolare tra coloro che sono impegnati in percorsi di integrazione e i professionisti che li accompagnano. Questa consapevolezza ha lo scopo di favorire una trasformazione di tali relazioni, orientandosi verso forme di interazione più egualitarie.
Idealmente, questo approccio potrebbe essere implementato regolarmente all’interno dell’organizzazione e integrato nelle valutazioni complessive che la struttura è tenuta a condurre, ad esempio su base annuale.
1 Sebbene la questione del dominio sia al centro di questo approccio, preferiamo parlare qui di «asimmetria»,
un termine che ci sembra più aperto e meno stigmatizzante per tutte le parti coinvolte.

Ma di cosa stiamo parlando esattamente? Alcune definizioni chiave…
| PATRIARCATO | Autorità detenuta dagli uomini, che esclude le donne dalle strutture organizzative e dai processi decisionali. |
| SESSISMO | Discriminazione basata sul sesso. |
| RAZZISMO | Ideologia che afferma l’esistenza di «razze» umane distinte, alcune delle quali considerate superiori e altre inferiori, stabilendo così una gerarchia razziale. |
| ABILISMO | Discriminazione da parte di individui non disabili nei confronti di persone con disabilità fisiche, cognitive o sociali, basata sul presupposto che essere non disabili sia intrinsecamente superiore o più desiderabile. |
| LOGICA BUROCRATICA / GERARCHICA / AZIENDALE | Un sistema in cui il dipendente o il collega è considerato subordinato alle esigenze e alle strutture imposte dalla gerarchia. Le esigenze individuali e il benessere sono ignorati o compromessi, poiché la persona è considerata inferiore alle esigenze dell’organizzazione. |
| CAPITALISMO | Un sistema economico in cui un gruppo dominante possiede e controlla i mezzi di produzione, mentre un altro gruppo fornisce la manodopera per gestirli. |
Va notato che queste dinamiche di dominio si intersecano e si rafforzano a vicenda. Inoltre, ogni individuo può trovarsi in situazioni multiple che, attraverso la loro intersezione, generano forme composte di dominio.
QUESTO FENOMENO È DENOMINATO INTERSEZIONALITÀ. Il diagramma sottostante illustra queste diverse dimensioni: più un individuo è posizionato al centro del cerchio, più elementi conferiscono potere e privilegio; al contrario, più posizioni si accumulano sul bordo esterno del cerchio, maggiore è l’esposizione alla discriminazione.

Violenza simbolica: cosa significa?
Si riferisce al fatto che i membri di un gruppo, spesso in modo del tutto inconsapevole, poiché tali atteggiamenti sono radicati nella loro educazione e nel loro contesto culturale, possono, senza rendersene conto, riprodurre le dinamiche di dominio stabilite da coloro che occupano posizioni di potere. Il dominio viene esercitato attraverso il linguaggio, le modalità di espressione, i gesti o le rappresentazioni culturali. Ad esempio, dire alle persone in difficoltà finanziarie che la verdura che acquistano nei supermercati discount è «morta» le rimanda implicitamente alla loro situazione economica e alla loro attuale incapacità di agire diversamente. La violenza simbolica non è intenzionale, ma la consapevolezza di essa può aiutare a trasformare gradualmente queste dinamiche.
Osservatorio sul successo degli studenti nell’istruzione superiore (2023).
Equità, diversità e inclusione (EDI): al centro del successo degli studenti. Online:
https://oresquebec.ca/dossiers/equite-diversite-et- inclusion-edi-au-coeur-de-la-reussite-etudiante/
Naturalmente, a volte è necessario convincere
le persone a impegnarsi in questo tipo di processo.
Per questo motivo, proponiamo una breve motivazione:
Vi invitiamo a partecipare a una serie di quattro workshop collettivi e coinvolgenti pensati per lasciarsi andare, connettersi con gli altri in modi nuovi e condividere apertamente ciò che ci limita o ci ostacola sul posto di lavoro, prima di affrontare questi temi attraverso il gioco. Ogni sessione è breve (1h30), dinamica e leggermente non convenzionale, ma sempre costruttiva, significativa e benefica.
Unisciti a noi per cambiare prospettiva e basarla su esperienze reali!
È necessario prendere alcune precauzioni quando si facilita la consapevolezza, in particolare dopo la Fase 1, durante la quale il gruppo identifica una dinamica primaria di dominazione. Il facilitatore può chiarire al gruppo che tale dominazione non implica che ogni individuo presente è un «dominatore» o «oppressore» che esercita intenzionalmente un potere dannoso. Significa piuttosto che questa forma di dominazione esiste all’interno del gruppo o dell’ambiente, in questo specifico contesto. La dominazione si manifesta all’interno di uno spazio definito, modellato da un particolare quadro sociale e attraverso l’incontro di individui che portano con sé le proprie storie di vita. È la convergenza di questi fattori che contribuisce, tra le altre cose, all’esistenza della dominazione.
In pratica, come si svolge il processo?

La metodologia è strutturata attorno a un ciclo di quattro workshop, ciascuno della durata di circa 1 ora e 30 minuti. L’intera sequenza può essere svolta in diverse mezze giornate.
Tuttavia, l’esperienza dimostra che, a seconda della composizione del gruppo, potrebbe essere necessario adeguare la durata dei workshop, ad esempio dedicando più tempo alla definizione di termini o concetti, se necessario, o procedendo più rapidamente se il gruppo acquisisce rapidamente familiarità con il processo. I facilitatori sono quindi incoraggiati ad adattarsi alle circostanze specifiche che si presentano.
I workshop coinvolgeranno sia le persone impegnate nei percorsi di integrazione sia i professionisti che le assistono. A seconda della fase dei workshop, le attività potranno svolgersi in gruppi non misti (partecipanti al percorso di integrazione che lavorano insieme, professionisti che lavorano insieme) o in gruppi misti. È importante osservare questa distinzione tra contesti misti e non misti, poiché a volte può essere più facile per i partecipanti sentirsi a proprio agio e sicuri nell’esprimere le proprie esperienze quando sono tra pari. In tali contesti, potrebbero sentirsi meno soggetti al giudizio derivante da relazioni asimmetriche preesistenti e quindi rispondere in modo diverso.
Uno dei partecipanti (idealmente 2 animatori) che può assumere una posizione di neutralità, può essere un membro del consiglio di amministrazione, una persona di riferimento esterna alla struttura, un professionista che non è coinvolto nell’accompagnamento. La neutralità è importante perché i professionisti che solitamente accompagnano le persone sono coinvolti in questioni che possono influenzare la conduzione del workshop (poiché esiste già un rapporto prestabilito tra accompagnatore e persona accompagnata che non è neutrale).
Il facilitatore deve adottare un atteggiamento benevolo e di sostegno:
- Il facilitatore funge sia da facilitatore del dialogo che da garante di un quadro sicuro, rispettoso e chiaramente definito che consenta il raggiungimento degli obiettivi. Un ambiente sicuro favorisce scambi significativi tra i partecipanti che si sentono a proprio agio. Le attività dovrebbero servire a questo scopo; il facilitatore è incoraggiato ad assumersene la responsabilità e ad adattarle secondo necessità per rimanere strettamente in linea con le esigenze dei partecipanti.
- Il facilitatore dovrebbe riconoscere che i partecipanti possiedono molte risorse che spesso non vengono valorizzate. L’obiettivo è riconoscere queste capacità e sfruttarle per portare avanti un progetto collettivo. Ciò che conta è mettere in evidenza i contributi reciproci che i partecipanti e il gruppo possono apportare gli uni agli altri.
- Il facilitatore dovrebbe aiutare i partecipanti a superare la stigmatizzazione, i ruoli assegnati e lo status passivo di «beneficiari», consentendo loro invece di considerarsi agenti attivi.
- Il facilitatore dovrebbe anche trasmettere l’idea che, sebbene i partecipanti dispongano di risorse e di un certo grado di autonomia, essi sono allo stesso tempo vincolati da dinamiche sistemiche che li superano e che possono essere ingiuste, inappropriate o inefficaci. Ove opportuno, il facilitatore deve essere pronto a sostenere i partecipanti nell’impegno politico, passando così dall’identificazione di un problema alla difesa politica (sono disponibili strumenti specifici per sostenere questo processo).

A TAL FINE:
- Il facilitatore fornisce indicazioni rimanendo in secondo piano, consentendo al gruppo di assumere il proprio ruolo.
- Abbiate il coraggio di ascoltare attentamente ciò che viene espresso, soprattutto quando è inaspettato. Prestate molta attenzione ai messaggi sottintesi o di fondo. Non abbiate paura delle pause o del silenzio, poiché creano spazio per la riflessione.
- Assicurarsi che ogni partecipante abbia la possibilità di intervenire: per ogni domanda, incoraggiare tutti i membri a contribuire in modo che ogni voce possa essere ascoltata.
- La metodologia proposta funge da quadro di riferimento di base, ma ogni gruppo è incoraggiato ad adattare il proprio formato in base alle proprie dinamiche e alla composizione dei propri membri.

Come creare un quadro sicuro
e rispettoso?
Alcune regole comuni:


Nel corso dei workshop, può essere utile assegnare ruoli specifici ad alcuni partecipanti in modo che tutti si sentano coinvolti e per limitare la concentrazione di potere (ad esempio, legata a una maggiore familiarità con il processo o alla facilità nel parlare in pubblico).
- Il partecipante responsabile dell’assegnazione dei turni di parola.
- Il partecipante che funge da cronometrista.
- Il partecipante che si assicura che tutti i punti siano trattati.
- Il partecipante che prende appunti.
- Il partecipante che controlla che le opportunità di intervento siano distribuite equamente, ecc.
- Non forniamo qui una serie completa di strumenti cosiddetti «rompighiaccio», ma i facilitatori possono facilmente trovare tali risorse in altre pubblicazioni.
Per concludere ogni fase,
proponiamo due possibili approcci:
il Barometro delle relazioni egualitarie o il Circolo di discussione.
Infine, per consentire a ciascun partecipante di esprimere e far conoscere la propria esperienza del workshop, proponiamo che, al termine della sessione, il gruppo si posizioni utilizzando un barometro. L’obiettivo è quello di situarsi in relazione all’asimmetria, come una sorta di «bollettino meteorologico» interiore. Ogni partecipante indica i propri sentimenti o il proprio stato durante l’attività – sia in relazione al quadro di riferimento, agli altri o al processo – apponendo un segno o un adesivo, senza ulteriori commenti a meno che non lo desideri.
NELLA PRIMA FASE:
Ogni partecipante si posiziona individualmente sul barometro senza mostrarlo agli altri (un barometro per persona).
NELLA SECONDA FASE:
I risultati vengono poi condivisi collettivamente (da tutti i partecipanti o consolidati dal facilitatore) su un barometro collettivo. Se i partecipanti osservano che molte persone hanno percepito una situazione di asimmetria durante i workshop, possono decidere di affrontarla. Questo strumento potrebbe anche essere integrato nelle organizzazioni a lungo termine, fungendo da barometro delle relazioni interne.

Il Circolo di Riflessione*
Per concludere un esercizio, il facilitatore invita i partecipanti a sedersi o a mettersi in piedi in cerchio e pone domande quali:
- Cosa è stato difficile?
- Cosa è stato facile?
Come ti sei sentito mentre svolgevi questa attività?
- Cosa avete apprezzato?
- C’è stato qualcosa che ti ha fatto arrabbiare o ti ha messo a disagio?
- Hai capito qualcosa di nuovo?
- La tua percezione è cambiata in qualche modo? ecc.
Inoltre, ti consigliamo di trarre ispirazione dalla comunicazione non violenta per sostenere il gruppo.
RICORDA: IL MODELLO DI COMUNICAZIONE IN QUATTRO FASI
- Esprimere l’osservazione (O)
«Quando sento…», «Quando vedo…», «Quando ricordo…».
Esprimere l’osservazione nel modo più oggettivo possibile, qualcosa che possa essere condiviso con gli altri, senza giudizi o accuse. Ciò si riferisce a ciò che abbiamo visto, sentito o ricordato. - Esprimere le emozioni che derivano dal fatto (E)
«Mi sento…»
Esprimere il sentimento principale che desideriamo condividere, riconoscendolo e accettandolo nel momento in cui lo esprimiamo. Nota: «Mi sento triste…» o «Tu mi fai sentire triste»?
Usare «tu» trasferisce la responsabilità delle nostre emozioni all’altra persona. Le nostre emozioni appartengono a noi. Per evitare conflitti, è importante esprimere insoddisfazione senza incolpare l’altro. Nella Comunicazione Nonviolenta (NVC) si raccomanda di parlare in prima persona («io»). - Esprimere i bisogni relativi al sentimento precedentemente identificato (N) Quale bisogno insoddisfatto si nasconde dietro l’emozione che sto provando? «Mi sento triste perché ho bisogno di…»
- Esprimere la richiesta (R)
«Saresti d’accordo a…?»
Concludi con una richiesta chiara e specifica che comunichi ciò che ci aspettiamo. Questo permette al nostro interlocutore di tenere conto del nostro bisogno.
*FONTE: Guida metodologica per i facilitatori del modulo «Migliorare le capacità comunicative delle persone con minori opportunità, basato sul teatro forum e sui metodi di comunicazione assertiva», sviluppato nell’ambito del progetto CENV «Per una comunicazione non violenta europea: tutti sul palco!», parte di un partenariato di cooperazione europea nell’ambito dell’istruzione degli adulti (2021-2023).

FASE 1: Padroneggiare l’arte
Sarai tu a facilitare i workshop: questa fase è pensata appositamente per te. Poiché le dinamiche di dominio e le relazioni ineguali sono spesso nascoste in dettagli sottili, è essenziale affinare la nostra capacità di osservazione.
1. BREVE QUIZ INTRODUTTIVO (1 MIN)
Rispondi spontaneamente a queste domande: Il mio ruolo è…
- Facilitare e implementare gli strumenti di facilitazione da un punto di vista tecnico?
- Sviluppare le conoscenze dei partecipanti sulle dinamiche di dominio?
- Promuovere la consapevolezza dei partecipanti riguardo alle loro azioni?
- Svelare verità scomode?
- Porre continuamente domande per spingere le ambizioni oltre?
Non esistono risposte giuste o sbagliate: in realtà, è un po’ tutte queste cose insieme. Tuttavia, le competenze tecniche di facilitazione non sono l’aspetto più importante. Ciò che conta davvero è che, per facilitare in modo efficace, tutti noi dobbiamo avere una certa chiarezza sull’argomento.
2. APPROFONDIMENTO DEI CONCETTI ATTRAVERSO IL METODO «ARPENTAGE» (10 MIN)
Vi invitiamo a leggere le definizioni presentate sopra e, per ciascuna di esse,
a condividerle con qualcuno della vostra rete (professionale o personale):
- Cosa non è chiaro: cosa dovete ancora approfondire
- (vedi sotto per alcuni brevi video suggeriti).
- Eventuali domande emerse.
- Che ti ricordi un’esperienza personale: ripensa alla situazione, a come si è svolta e
- a cosa hai provato, prenditi tutto il tempo necessario per farlo.
Questo passaggio è fondamentale: la metodologia può far emergere situazioni difficili per i partecipanti. Tieni a mente le tue emozioni mentre rivivi esperienze passate, in modo da rimanere attento e fornire assistenza a coloro che potrebbero rivivere situazioni simili durante i workshop.
1 Una tecnica di facilitazione che ha origine nell’educazione popolare e consiste nella lettura collettiva di un testo. Numerose risorse sono disponibili online.
3. APPROFONDIMENTO (20 min)
Proponiamo qui due video (tra molti altri). Guardateli e rispondete alle domande suggerite. L’obiettivo è quello di stimolare la riflessione, che a sua volta vi aiuterà a facilitare il coinvolgimento dei partecipanti nel porre domande e ad accompagnarli nella creazione di azioni pertinenti ed efficaci.

Non è necessario che scriviate le vostre risposte, ma è importante esserne consapevoli e affrontare l’esercizio con onestà. Tuttavia, vi incoraggiamo a prendere appunti mentre guardate i video, poiché ciò favorisce notevolmente la riflessione
Un video di Philovibe, un canale dedicato alla divulgazione dei concetti filosofici:
Alcune domande guida per la visione del video:
- Ci sono situazioni all’interno dell’organizzazione in cui osservi diverse
- forme di legittimità nel dominio?
- Quali diversi tipi di dominio è possibile identificare?
- In che modo queste dinamiche limitano la capacità di azione
- degli individui?
Politikon è un canale dedicato alla storia delle idee, che presenta teorie sociali e politiche nel campo della filosofia e delle scienze umane:
Alcune domande guida per la visione del video:
- Ci sono gruppi sociali o individui che all’interno dell’organizzazione sono favoriti rispetto ad altri?
- Tra i tipi di oppressione menzionati (al minuto 6’24) – sfruttamento, emarginazione, impotenza, imperialismo, violenza – quali potrebbero essere presenti o vissuti all’interno dell’organizzazione?
È possibile selezionare i sottotitoli del video nella lingua preferita.
RISORSE AGGIUNTIVE:
Sul genere: https://youtu.be/ouCTSx83u3E?si=YyNtVhVQWfjHpBIl
Sulle disuguaglianze strutturali: https://youtu.be/UM_hb6gQ4G8?si=ydCp2m1aST-L_x5O
E un gioco (se desideri approfondire l’argomento): https://sebformation.fr/2023/09/30/rapports-de-domination-une-version-pour-animer-plus-facilement/
FASE 2: Riconoscere le relazioni di potere inique
L’obiettivo di questa prima fase è garantire che tutti siano messi sullo stesso piano. Indipendentemente dal nostro ruolo all’interno dell’organizzazione, dovremmo essere in grado di costruire insieme soluzioni per affrontare le questioni che ci riguardano. Per raggiungere questo obiettivo, dobbiamo prima sentirci uguali. Ciò richiede la capacità di «uscire» dal proprio ruolo ed essere «noi», liberi dalle etichette associate alle nostre diverse posizioni all’interno dell’organizzazione. Questo cambiamento deve essere simboleggiato da un atto concreto. Molte organizzazioni e associazioni, ad esempio, utilizzano uniformi, distintivi o capi di abbigliamento simili per esprimere sia il senso di appartenenza alla struttura sia l’impegno collettivo verso una causa condivisa.
Abbiamo scelto la metafora delle «pantofole» per rappresentare questo simbolico passo indietro: i partecipanti sono invitati a «togliere» le loro «scarpe» quotidiane e indossare delle «pantofole» durante il workshop, come modo per creare un senso di uguaglianza e unità attorno a uno scopo comune. Affrontare il dominio e l’asimmetria richiede un momento di liberazione simbolica, in cui i partecipanti possono temporaneamente mettere da parte i vincoli dei loro ruoli abituali e lavorare insieme come pari.
A) Benvenuto e attività di rompighiaccio: gruppi misti
Obiettivo: uscire dalla propria zona di comfort, entrare in contatto con gli altri, lasciarsi andare e stabilire le linee guida.
B) Il gioco delle mani: gruppi misti
Obiettivo: Sperimentare cosa si prova a trovarsi in una dinamica di dominio e promuovere una cultura condivisa.
C) Il quiz: gruppi misti
Obiettivo: identificare collettivamente le principali dinamiche di dominio in atto, aumentare la consapevolezza di tali dinamiche e produrre una valutazione iniziale.
D) Barometro collettivo
Obiettivo: consentire a ciascun partecipante di esprimere e condividere la propria esperienza del workshop.
Programma dettagliato
A) Benvenuto e attività di rompighiaccio: gruppi misti
Benvenuto e spiegazione del quadro generale:
- Presentare il contesto dei workshop e l’importanza (di affrontare l’argomento). (vedere l’introduzione della guida)
- Introdurre il Barometro.
- Stabilire le regole di governance.
- Spiegare la regola dei gruppi misti rispetto a quelli non misti.
Attività di rompighiaccio: CAMMINARE NELLO SPAZIO. (Gli strumenti qui proposti possono essere sostituiti da altri, a seconda delle conoscenze del facilitatore e delle esigenze del gruppo).
OBIETTIVI
- Lasciarsi andare.
- Divertirsi.
- Uscire insieme dalla zona di comfort.
- Facilitare la coesione del gruppo.
I partecipanti camminano liberamente per la stanza senza interagire, assicurandosi che lo spazio sia completamente occupato. Dopo due minuti, il facilitatore chiede loro di formare due cerchi, senza parlare e il più rapidamente possibile. Successivamente, ai partecipanti viene chiesto di formare tre triangoli, poi quattro quadrati, poi due stelle e, infine, un elefante.
Ogni persona deve prendere posto all’interno delle forme, senza consultarsi preventivamente.
B) IPNOSI COLOMBIANA O IL GIOCO DELLE MANI – GRUPPI MISTI
Questo esercizio è essenziale, anche se potrebbe risultare scomodo per alcuni partecipanti.
OBIETTIVI
- Sperimentare le dinamiche del dominio.
- Comprendere come ci si sente sia per sé stessi che per gli altri.
- Sperimentare la nostra capacità di agire per trovare soluzioni.
- Costruire una cultura condivisa.
I partecipanti lavorano in coppia e rimangono con lo stesso partner durante le tre fasi (2 minuti a persona per ogni fase):
Il primo leader posiziona la mano a 30-40 cm dal viso del partner. Questa distanza deve essere mantenuta durante ogni fase. Il partner deve seguire la mano. Il leader si muove e il partner lo segue, scoprendo insieme lo spazio attraverso questa nuova relazione. I movimenti devono essere abbastanza lenti da consentire al partner di seguire, e il leader deve assumere le stesse posizioni del partner in base a ciò che si sta sperimentando. Il leader deve evitare di mettere il partner in posizioni scomode. Poi i ruoli si invertono.
Il leader lascia emergere il proprio «dominatore interiore» (interpretando il ruolo di chi detiene il potere) e guida il partner in movimenti che creano difficoltà (il facilitatore può fare una dimostrazione per maggiore chiarezza). Quindi i ruoli vengono invertiti. Anche se il partner fatica a seguire, il leader deve continuare ad affermare il proprio dominio.
Lo stesso esercizio viene ripetuto, ma questa volta il partner può opporre resistenza liberamente. I ruoli vengono poi invertiti.

Il facilitatore coinvolge quindi il gruppo in una discussione di debriefing,
ponendo domande quali:
A chi è piaciuto ricoprire il ruolo di leader? E quello di seguace? Quale fase avete preferito e perché? Chi ha incontrato resistenza e di che tipo? Quali difficoltà e quali facilità avete riscontrato durante l’esercizio?
Successivamente, i partecipanti sono invitati a esprimere a parole i propri sentimenti: il facilitatore mostra il poster con la seguente definizione, la legge ad alta voce e invita i partecipanti a reagire (i partecipanti possono cerchiare o evidenziare le parole, ecc.):
- Cosa non è chiaro?
- Cosa capite?
- Con cosa siete d’accordo o in disaccordo?
Il termine «rapporto di dominio» si riferisce a un rapporto di disparità tra individui, gruppi o entità. La parte dominante esercita influenza o controllo sulla parte dominata, imponendo i propri desideri, interessi o valori. Ciò crea squilibri di potere e ingiustizie. Lo specismo, il supremacismo, il patriarcato, il sessismo, il razzismo, l’ageismo e l’abilismo sono tutti legati a forme di discriminazione e oppressione che colpiscono diverse categorie di persone o entità, sulla base di caratteristiche specifiche quali l’etnia, il genere, l’età o le capacità. Tutte queste forme rappresentano forme di ingiustizia che colpiscono diversi gruppi di persone o, più in generale, esseri viventi. Ciò che questi concetti hanno in comune è che sono forme di oppressione radicate in caratteristiche specifiche, che producono gerarchie sociali ingiuste e contribuiscono all’emarginazione, alla discriminazione e alla privazione di diritti e opportunità per i gruppi presi di mira. Ciascuno di questi termini rappresenta una sfida all’uguaglianza, alla giustizia e ai diritti sia degli esseri umani che di quelli non umani.
https://archipelduvivant.org/ressources/fiches-pedagogiques/rapports-de-domination
Infine, proponiamo di rivedere le definizioni di ciascuna forma di dominio, seguite da una discussione di gruppo per garantire la comprensione reciproca.
C) Il quiz: gruppi misti
Identificare collettivamente le principali dinamiche di dominio presenti all’interno dell’organizzazione, sensibilizzare su tali dinamiche e condurre una valutazione iniziale.
Il facilitatore seleziona la versione lunga (36 affermazioni) o la versione breve (24 affermazioni) del quiz fornito in appendice. Ogni partecipante riceve un foglio con l’elenco delle affermazioni e deve indicare se ritiene che le situazioni descritte siano pienamente presenti nell’organizzazione o del tutto assenti.
Una volta che tutti i partecipanti hanno completato i loro fogli, il facilitatore li raccoglie e, in forma anonima (su un poster comune), segna le caselle corrispondenti alle risposte dei partecipanti (una versione digitale è attualmente in fase di sviluppo).
Durante questo tempo, i partecipanti fanno una breve pausa.
Il facilitatore evidenzia le aree selezionate più frequentemente, rendendo visibili le forme di dominio più presenti, percepite o osservate nell’organizzazione. Il gruppo esamina quindi i risultati e decide l’asse di dominio da affrontare. Se diversi sono rappresentati in modo uguale, il gruppo può procedere con una votazione.
Precauzione: il facilitatore può chiarire al gruppo che il dominio selezionato non significa che ogni partecipante sia un «dominatore» o un «oppressore» che esercita un potere dannoso. Piuttosto, indica che questa forma di dominio esiste all’interno del gruppo o dell’ambiente, in questo particolare contesto. Il dominio si manifesta all’interno di uno spazio specifico, modellato da un quadro sociale definito, e attraverso l’incontro di individui che portano con sé le proprie storie di vita. È la convergenza di questi fattori che contribuisce, in parte, all’esistenza del dominio.

D) BAROMETRO – GRUPPI MISTI
OBIETTIVO:
Identificare e collocare collettivamente le asimmetrie sperimentate.
Concludete la sessione con lo strumento del barometro per valutare eventuali asimmetrie emerse all’interno del gruppo durante l’attività condivisa.
Ogni partecipante riflette sulla propria esperienza in relazione al quadro di riferimento e agli altri e appone un adesivo sul colore corrispondente al proprio stato, osservazione o sensazione. A titolo di riferimento, il barometro può essere condotto individualmente e poi collettivamente, oppure solo individualmente: il facilitatore dovrebbe adattarlo in base alle esigenze del gruppo.

FASE 3: Stimolare l’intenzione di agire attraverso il workshop «Conf
A seconda del contesto, di quanto il gruppo si senta a proprio agio e di quanto il Passo 2 sia recente o lontano nel tempo, questa fase può essere svolta in gruppi misti o non misti. Il facilitatore può iniziare con un’attività rompighiaccio o un breve giro di presentazioni («come state?») per dare inizio alla sessione, ricordando anche il contesto e le fasi precedenti.
Si tratta di una fase impegnativa. Il suo obiettivo è quello di promuovere la consapevolezza di ciò che accade quando ci si sente dominati, di richiamare l’attenzione sulle emozioni coinvolte e di generare una sorta di campanello d’allarme. Pertanto, prima di iniziare, è importante prendersi del tempo per riconnettersi, per «mettere al sicuro» l’ambiente creando un’atmosfera rilassata e di sostegno e, cosa altrettanto importante, ricordarsi di divertirsi.
AGENDA GENERALE
OBIETTIVI:
- Sperimentare cosa si prova a essere dominati in un contesto simile al proprio.
- Creare un effetto specchio.
- Tenere conto delle diverse prospettive e sensazioni.
A) Ascolto collettivo di audio
B) Flash Forum
C) Barometro
Agenda dettagliata
A) ASCOLTO COLLETTIVO
Il facilitatore prepara l’audio in base alla forma di dominazione identificata nella fase precedente. I file audio appropriati sono disponibili su richiesta all’indirizzo: leris@leris.org
Assicurarsi di specificare il contesto dell’audio: chi sta parlando e in quale contesto.
Riproduci l’audio (se possibile, utilizza gli altoparlanti per una migliore qualità del suono). Per favorire un ascolto attento, invita i partecipanti a chiudere gli occhi e a fare tre respiri profondi (cinque secondi per inspirare ed espirare).
Quindi concedi alcuni minuti ai partecipanti per prendere coscienza di ciò che hanno provato durante l’ascolto.
Il podcast di Léris: https://audioblog.arteradio.com/blog/260991/alad-in-les-rapports-de-domination
Discussione aperta: questo mi ricorda situazioni che ho vissuto? Cose che hanno vissuto persone che conosco? Cosa provo ascoltando questo? L’audio potrebbe risultare difficile per alcuni partecipanti; è importante concedere tempo sufficiente per la discussione e assicurarsi che tutti abbiano l’opportunità di parlare. L’audio può anche essere utilizzato esclusivamente con professionisti, se appropriato.
— PAUSA CAFFÈ! —

B) FLASH FORUM
L’obiettivo del Flash Forum è quello di imitare e rappresentare la forma di dominio scelta al fine di identificare strategie di resistenza e riposizionamento professionale di fronte a tali dinamiche. Si tratta quindi di scene congelate che saranno recitate e ripetute, consentendo ai partecipanti di impegnarsi in modo creativo.
A supporto di questo processo, alla fine della guida è disponibile una banca immagini vedi Appendice :
Sulla forma di oppressione scelta per il Flash Forum nella Fase 2.
Sugli strumenti per l’analisi dell’azione e la pianificazione dell’azione nella Fase 4.
I tempi indicati sono solo indicativi e possono essere modificati a seconda delle dinamiche e delle esigenze del gruppo.
FASE 1: L’OPPRESSORE
Utilizzando le schede fornite nella banca immagini (vedi Appendice), una persona «interpreta» il ruolo dell’oppressore corrispondente alla forma di dominio scelta nella Fase 2. Assume la postura proposta e ripete semplicemente due frasi prestabilite. Ciò significa che chiunque può «interpretare» il ruolo dell’oppressore: si tratta solo di assumere una postura e ripetere due frasi. L’obiettivo di questo partecipante è ricordare come ci si sente quando gli altri cercano di resistere, difendersi e affermare il proprio punto di vista di fronte a lui: tutto qui.
Fare riferimento agli allegati per l’archivio immagini sulla forma di oppressione scelta. Ciò aiuterà a determinare quale immagine rappresentare e quali frasi ripetere. Le immagini e le frasi servono come spunti, ma è preferibile creare una propria postura e frase in relazione alla forma specifica di dominio identificata dal gruppo. Prima di rappresentare la forma di dominio scelta, i partecipanti sono incoraggiati a sperimentare in modo giocoso l’archetipo che stanno incarnando.

FASE 2: GLI OPPRESSI PRENDONO LA PAROLA!
Di fronte all’oppressore, metà del gruppo si mette in fila. Ogni partecipante, a turno, dichiara o mette in atto ciò che vorrebbe dire o fare all’oppressore se si trovasse in quella situazione. L’obiettivo non è quello di aspettarsi una risposta, ma semplicemente di pronunciare una singola affermazione o compiere una singola azione. La risposta dovrebbe mirare a migliorare la propria condizione, a sentirsi meglio o a raggiungere un senso di equità.
L’altra metà del gruppo osserva le idee espresse, i cambiamenti fisici e le reazioni. Se necessario, possono prendere appunti. I gruppi poi si scambiano i ruoli. Una volta che tutti hanno contribuito con almeno un’idea, il gruppo avvia una discussione collettiva sui seguenti punti:
- Cosa ho provato.
- Una situazione simile che mi ricorda (nella vita pubblica, qualcosa che ho vissuto, visto, ecc. da condividere).
- Cosa mi fa pensare, dire o riflettere.
FASE FINALE:
Ritorna alla forma principale di dominio identificata nella Fase 1 attraverso il quiz. Basandoti sulle idee emerse dall’esercizio del Forum Theatre, cosa vorresti fare o dire per sfidare questo dominio?
Ogni partecipante elenca individualmente le proprie idee per agire (una o due per persona, scritte su un post-it). Dovrebbero attingere alla loro esperienza durante l’audio e il Flash Forum: cosa non hanno gradito e cosa li ha aiutati o li aiuterebbe a sentirsi meglio.
Il gruppo condivide poi queste idee collettivamente: il facilitatore le legge ad alta voce e invita alla discussione. Infine, il gruppo raggruppa le idee in categorie o temi.
C) BAROMETRO
Infine, come nella Fase 2, concludere la sessione con lo strumento barometro per valutare eventuali asimmetrie emerse all’interno del gruppo durante l’attività condivisa. Ogni partecipante riflette sulla propria esperienza in relazione al quadro di riferimento e agli altri e appone un adesivo sul colore corrispondente al proprio stato, osservazione o sensazione.
fase 4 : Immaginare un mondo egualitario – Costruire il piano d’azione
L’obiettivo di questa fase è quello di fare un passo indietro prima di scegliere collettivamente l’azione da testare per trasformare le dinamiche di dominio identificate nella fase precedente. Si tratta di identificare le motivazioni per passare a relazioni egualitarie, stabilendo al contempo una «misura di salvaguardia», ovvero un punto di vigilanza riguardo agli ostacoli che potrebbero presentarsi.
Per compiere una scelta ambiziosa ma consapevole, i partecipanti sono invitati a identificare i vantaggi derivanti dall’adozione di nuovi modi di operare: cosa guadagniamo affrontando le dinamiche di dominio identificate? Allo stesso tempo, dovrebbero considerare cosa potrebbe limitare la loro capacità di affrontare questo problema e quali rischi potrebbero comportare. La liberazione e il cambiamento non sono facili; richiedono di abbandonare situazioni familiari per muoversi verso l’ignoto. Tuttavia, lo sforzo è utile.
Questa fase è complessa ed essenziale. A seconda della realtà della vostra organizzazione, potete scegliere di dividerla in due workshop separati.
A) Revisione delle fasi precedenti e visualizzazione
B) Mappatura degli interessi e dei vincoli
C) Agire per relazioni egualitarie
D) Barometro collettivo
Agenda dettagliata
A) PREPARAZIONE
Il facilitatore, in particolare se i passaggi precedenti sono stati completati più di un giorno prima, dovrebbe richiamare alla memoria e mostrare i diversi elementi: il grafico delle dominazioni identificate nella Fase 2 e i cambiamenti desiderati evidenziati nella Fase 3.
Dovrebbe inoltre ricordare ai partecipanti il quadro di lavoro e gli obiettivi del workshop.
La sessione può iniziare con un’attività rompighiaccio. Online sono disponibili numerosi strumenti; il facilitatore è invitato a selezionare quello che ritiene più adatto.
B) MAPPATURA DEGLI INTERESSI E DEI LIMITI – GRUPPI NON MISTI
Ora condividerete i vostri interessi nell’affrontare la forma di dominio scelta. È possibile che, una volta condivisi, gli interessi individuali differiscano, ma questo è del tutto normale. Questa diversità è fonte di ricchezza: le persone sono diverse e occupano posizioni diverse all’interno dell’organizzazione, il che porta a interessi molteplici e variegati. Teneteli tutti in considerazione, poiché sono ciò che vi guiderà verso il superamento del dominio. Ricordate anche che i limiti possono derivare da paure, preoccupazioni o posizioni particolari; non esitate a scambiare opinioni su questi aspetti per approfondire la comprensione reciproca.
Rivedete i cambiamenti desiderati identificati nelle azioni proposte (il rapporto di dominio/
asimmetria selezionato nella Fase 3 durante il Flash Forum, che in questa fase rimane vagamente definito).
- I partecipanti poi mettono dei post-it nella colonna di sinistra della tabella nella pagina seguente.
- Individualmente o in coppia, ogni persona elenca (una idea per post-it):
- Un elemento che rappresenta gli interessi che vedono nel lavorare sulle idee scelte (o gruppi di idee).
- Un elemento che potrebbe rappresentare un limite nel perseguimento di questo lavoro, qualcosa che potrebbe rallentare i progressi o rappresentare un rischio per i partecipanti.
- Il facilitatore raccoglie i post-it, li colloca nella tabella e il gruppo avvia una discussione su ciò che osserva.

Al termine di questa attività, ogni partecipante è invitato a mettere una croce davanti all’idea su cui desidera lavorare. Viene selezionata l’idea che riceve il maggior numero di voti, dopodiché il gruppo passa alla fase successiva per sviluppare ulteriormente le azioni scelte.
Se lo desiderate, potete anche utilizzare delle icone di soddisfazione: i partecipanti assegnano alle azioni proposte un volto «soddisfatto», «neutro» o «insoddisfatto» per fornire una visione d’insieme di ciò che motiva il gruppo.

C) AGIRE PER RELAZIONI EGALITARIE→ IL PIANO D’AZIONE!
Questa fase conclude il ciclo di lavoro e consente la creazione di un piano d’azione per trasformare le situazioni iniziali in relazioni egualitarie. Gli interessi e i limiti identificati fungono da parametri di riferimento per verificare e valutare se le azioni scelte sono in linea con l’obiettivo generale.
Ora vi invitiamo a completare il diagramma sottostante, intitolato «La lampada di Aladino», che aiuta a identificare (→ se la metafora della lampada non vi convince, potete sostituirla con un albero, una mongolfiera, ecc., mantenendo gli stessi indicatori):
- Gli INTERESSI e gli scopi delle azioni (riattaccate i post-it sopra la lampada).
- Le AZIONI concrete per affrontare il dominio e il tema scelti (all’interno della lampada).
- Gli ostacoli che impediscono al genio di uscire dalla lampada (il «tappo»), che devono essere affrontati (i LIMITI).
- I LEVERS: elementi che aiuteranno il genio a rimuovere i limiti e ad emergere.
- Chi guida ogni azione e con chi? (ad esempio, collaborando con persone che vivono in condizioni di disuguaglianza → SCRIVERE QUESTO IN VERDE).
- La tempistica per l’attuazione (date)…
QUADRO DA ADATTARE:

Successivamente, il gruppo fissa una riunione di follow-up alcune settimaneo mesi per esaminare i risultati dell’azione e verificare che le iniziative abbiano dato i loro frutti.
D) BAROMETRO – GRUPPI MIST
OBIETTIVO:
Identificare e collocare collettivamente le asimmetrie sperimentate.
Concludere la sessione con lo strumento barometro per valutare eventuali asimmetrie che potrebbero essersi verificate all’interno del gruppo durante l’attività condivisa.
Ogni partecipante riflette sulla propria esperienza in relazione al quadro di riferimento e agli altri, e appone un adesivo sul colore corrispondente al proprio stato, osservazione o sensazione.
Prima individualmente, poi collettivamente.
→ Prima individualmente, poi collettivamente.

Congratulazioni!
Avete completato l’intero ciclo di workshop. Il vostro piano d’azione per costruire relazioni egualitarie è ora pronto: è il momento di metterlo in pratica!
Vi incoraggiamo a riunirvi nuovamente una volta che le azioni saranno state implementate, al fine di effettuare una valutazione collettiva, riflettendo sui cambiamenti che hanno avuto luogo. Se necessario, potete continuare il lavoro affrontando un’altra forma di dominio, oppure inventando, migliorando e creando nuove azioni per approfondire il lavoro già iniziato. Questa valutazione può richiedere diversi mesi; prendetevi il tempo necessario.
Infine, per concludere in bellezza, vi invitiamo a celebrare il percorso compiuto con un incontro conviviale, un momento significativo che segna la fine della metodologia, ma l’inizio di azioni concrete e di una potenziale trasformazione.
Mantenete viva la connessione per sostenere l’energia e l’impegno del gruppo nel portare avanti queste questioni cruciali.

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